Festa Titolare Contrada del Leocorno

La Festa non Festa

Ricorderemo, un domani, quest’anno duro e difficile che ha sconvolto il mondo intero. Lo ricorderemo per come ha condizionato e modificato anche le nostre consuetudini di vita Contradaiola.
Ci ha tolto la pienezza della Festa Titolare, quel momento cosi atteso per un anno interno e cosi importante culmine del nostro modo di essere.
Senza convivialità e socializzazione si perde quel modo di fare Contrada.
Sì, perché la Contrada nel suo insieme è soprattutto il suo popolo. Che ama ritrovarsi , stringersi in abbracci, gioire e cantare. Questo mancherà.
Come mancheranno quei suoni a noi così cari dello schioccare della seta delle bandiere e del rullare dei tamburi,
mancherà quel riverbero di suono di tamburo la domenica sera nell’andare a letto, come se la giornata non volesse mai finire cullandoti nel cercare un sonno ristoratore.
Mancheranno le vesciche ai piedi, perché la tradizione vuole di non trovare mai un paio di scarpe comode.
Mancheranno le “gallociole” alle mani perché da quando ci si fa grandi il tempo per allenarsi è sempre meno.
Mancherà quel cerchio alla testa, al risveglio della domenica, sinonimo di quella voglia di stare insieme anche di fronte a un bicchiere di vino.
Mancherà il colpo d’occhio nel vedere tutta la contrada col fazzoletto al collo, perché per il palio, mica tutti lo portano, tanto lo sanno di che contrada sei.
Mancherà quell’emozione nell’attraversare la città , nel rendere omaggio alle consorelle, nel mostrare a tutti quei colori, i tuoi colori, testimoni del senso di appartenenza che ci fa camminare a dieci centimetri da terra.
Mancheranno gli occhi lucidi nel vedere piazza del Campo ricolma di bianco e d’arancione.
Mancheranno gli sguardi degli anziani nel vedere una Contrada che va avanti , che si rinnova, ma che mantiene salde le sue tradizioni, piena di bambini e di giovani.
Mancherà il rientro in Chiesa , tra le ali vibranti dei tamburi tutto un popolo in festa , il Te Deum conclusivo con il finale a noi caro…..
Mancherà tutto questo e tanto ancora ma di sicuro non mancherà quella voglia di tenere salde le nostre tradizioni , di fare quadrato e nel saper riprendere la giusta via che piano piano tornerà a restituirci tutto quanto.

Francesco Romei

Francesco Romei

Roberto Leoncini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTO PATRONO CONTRADA DEL LEOCORNO

La Festa titolare della Contrada del Leocorno viene celebrata in onore di San Giovanni Battista. Nella liturgia della Chiesa Cattolica ricorre il 24 giugno.

La leggenda vuole che la Chiesa di S. Giovannino della Staffa, ove attualmente ha sede l’Oratorio della Contrada del Leocorno, sorgesse sulle rovine di un antico tempio di Giove. La chiesa sorse a partire dalla prima metà del Cinquecento su di un più antico edificio romanico dedicato a san Giovanni Battista, del XIII secolo. I committenti furono la Compagnia Laicale di San Giovanni Battista e l’artefice fu probabilmente Giovanni Battista Pelori, allievo di Baldassarre Peruzzi. La facciata in cotto fu una delle prime cose ad essere costruite, realizzata dallo stesso Pelori nel 1537, rimaneggiata nel 1600 e 1700 ma poi restituita al suo aspetto originario da un ripristino purista della seconda metà del XIX secolo.

La costruzione della chiesa si protrasse per tutta la seconda metà del Cinquecento e alla fine del secolo si cominciò a lavorare all’interno della chiesa, a partire dai banconi del coro realizzati nell’ultimo decennio del secolo. Tra il 1599 e il 1649 la Compagnia fece affrescare la volta, commissionò l’altare e dotò le quattro pareti della chiesa di ben quindici tele raffiguranti Storie della vita di san Giovanni Battista, dipinte dai più famosi artisti senesi del periodo.

La contrada del Leocorno utilizzò dapprima una cappella interna della chiesa per le proprie riunioni. Questo avvenne in due riprese, tra la fine del Seicento e il 1720 e tra il 1776 e il 1869, per gentile concessione della Compagnia di San Giovanni Battista. A partire dal 1869, essendosi la contrada spostatasi nella vicina Chiesa di San Giorgio, la chiesa fu officiata dalla Diocesi senese, per poi tornare definitivamente in uso alla contrada nel 1966, grazie ad una convenzione stipulata con la stessa Diocesi

IL GIORNALINO

IL SONETTO

Festa Titolare Contrada Priora della Civetta

Questa è una domenica di silenzio. Lungo le strade millenarie non risuonano le voci dei tamburi, non il fruscio delle bandiere rivolte al cielo, non il canto del popolo, del mio popolo. Mi muovo tra le vie, scendendo dal Castellare verso il Chiasso Largo, la Torre che appare oggi come una ferita rivolta verso le nuvole. Passeggio quasi fossi un estraneo in questa città che, come una bella addormentata, lentamente si sta risvegliando da un maleficio spezzato non a fil di spada, ma con la determinazione ed il senso di responsabilità tipico dei senesi. Ritorno con la mente ai mesi passati, chiusi dentro alle nostre case schermate da barriere contro un nemico invisibile. È stata una vita sospesa, piena di assenze. Penso a tutto quello che è mancato: le sere insieme agli amici passate nei locali dell’Economato a sistemare i tamburi per la Festa, le mani impegnate a disegnare punti sulla seta, le risate dei cittini durante gli allenamenti, una birra in Società a parlare di cavalli, fantini e strategie paliesche. Quelle piccole cose a cui non avevo mai dato il giusto peso prima che venissero a mancare. Ma non è forse sempre così? Ci accorgiamo del valore di ciò che abbiamo proprio quando stiamo per perderlo. La vita è strana, in bilico costante tra gioie e dolori, tra presenze ed assenze.

Oggi è un giorno malinconico, dove il peso di quello che manca si fa schiacciante e toglie il fiato. Ma domani tornerà la passione, torneranno i canti, tornerà l’allegria. Siena è una città speciale e magica che risveglia quotidianamente il passato per scaraventarlo nel futuro. Domani questa ferita, in questo momento così esposta, sarà sanata. Lo so con una certezza irrazionale, eppure vera. Rivolgo di nuovo lo sguardo alla Torre, si ode di lontananza il suono delle campane, l’orologio batte il suo tocco. Per forza e per amore.

Ferruccio Valacchi

Ferruccio Valacchi

Umberto Sampieri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTO PATRONO CONTRADA PRIORA DELLA CIVETTA

La Festa titolare della Contrada Priora della Civetta viene celebrata in onore di Sant’Antonio da Padova. Nella liturgia della Chiesa Cattolica ricorre il 13 giugno; Sant’Antonio da Padova è patrono del Portogallo, del Brasile e della Custodia di Terra Santa, oltre che di numerose città. La Contrada Priora della Civetta, insieme a Sant’Antonio di Padova, ha annoverato nel 2009 San Bernardo Tolomei come Compatrono, canonizzato il 26 aprile dello stesso anno, con la partecipazione a Roma in Piazza San Pietro del popolo e della Comparsa della Civetta.

L’Oratorio della Contrada Priora della Civetta, consacrato nel 1945, si trova in via Cecco Angiolieri, sul lato sinistro della strada che scende da Piazza Tolomei verso S. Vigilio. In origine la Civetta officiava le proprie cerimonie nella chiesa di S. Pietro in Banchi, detta popolarmente di S. Pietro Buio perché poco luminosa. La chiesa, collocata tra Banchi di Sotto e via di Calzoleria, oggi non è più esistente, poiché la parrocchia fu soppressa in conseguenza delle riforme Leopoldine di fine XVIII secolo e l’immobile fu adibito ad abitazioni private. La Civetta officiò in S. Pietro fino al 1786, successivamente la Contrada chiese ed ottenne di poter celebrare le proprie funzioni religiose nella Chiesa di S. Cristoforo in Piazza Tolomei, dove rimase fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Nei primi anni del ‘900, molti contradaioli sentirono la necessità di acquisire un luogo dignitoso e definitivo, che ponesse fine ai continui spostamenti e, nel 1932, venne nominata una “Commissione incaricata di trovare un locale adatto alla sede della Contrada”. Poco tempo dopo fu individuato un immobile costituito da tre stanze su due piani che fino a quel momento era una falegnameria. L’oratorio della Contrada, consacrata in questi nuovi ambienti solo nel 1945 a causa della Seconda guerra mondiale, si trova all’interno del Palazzo anticamente appartenente alla consorteria degli Ugurgieri. L’immobile della potente famiglia è una struttura di metà XIII secolo ed originariamente era protetta da una alta torre facente parte del Castellare degli Ugurgieri. Questo spazio costituì il primo nucleo di proprietà della Contrada dove fu realizzato l’Oratorio e attorno al quale, nel corso di vari decenni, fu realizzato il museo della Contrada, il cui ultimo ampliamento risale al 2017. Al suo interno si trovano alcune opere di Galgano Perpignani, tra cui un olio su tela di grandi dimensioni eseguito verso il 1730 e intitolato Visione di Sant’Antonio da Padova; un altro olio su tela intitolato Sant’Antonio da Padova con il Bambino Gesù e raffigurante il Santo con in braccio il Bambino, realizzato sempre per mano del Perpignani, faceva originariamente parte degli arredi sacri di proprietà della Contrada quando essa officiava nella chiesa di S. Pietro alle Scale in Banchi. A tali opere si aggiungono un dipinto su tavola a fondo oro raffigurante Sant’Antonio ritratto in abito francescano con Gesù Bambino in braccio e il giglio in mano e una tempera policroma su tavola che ha come soggetto l’Immacolata Concezione eseguite per mano di Fiorenzo Joni. Sull’altare sono esposte le statue (realizzate in gesso e tela argentata e dipinta con un’armatura di legno e fibra vegetale, poste su una base in legno intagliato, dorato e dipinto) del Santo Bernardo Tolomei in veste monacale e sostenente un teschio, quale cofondatore della Congregazione Benedettina Olivetana, e di San Bernardino da Siena, accompagnato dalla consueta tavoletta col trigramma YHS del nome di Gesù. Riguardo alla statua del Santo Bernardo Tolomei, c’è un aneddoto molto simpatico che si lega alla presenza di un fazzoletto della Contrada sulle sue spalle. Chi ha visitato l’Oratorio avrà notato questa particolarità, che ha una spiegazione. Il Palio del 16 agosto 2009, dedicato alla canonizzazione del Beato da poco reso co-protettore della Contrada, fu vinto dalla Civetta dopo ben trent’anni di astinenza (l’ultima vittoria risaliva al 1979, nella Carriera dedicata al poeta Cecco Angiolieri). Per onorare il Santo fu posto sulle sue spalle questo segno di gratitudine che tuttora è lì a rimembranza dell’evento. Infine, alla sinistra dell’ingresso si trova il Monumento ai Caduti della Grande Guerra. Monumento composto da scultura bronzea (soldato morente) e basamento in pietra serena con iscrizione (1922).  Ai lati due formelle in bronzo ricordano dal 1955 i Civettini caduti nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Il 16 agosto 1718, poi, la Civetta fu l’unica delle Contrade a salutare la comparsa dell’Aquila, riconoscendole il diritto, dalle altre ignorato, a partecipare al Palio; questo evento ha portato ad un’alleanza che nel 2018 ha festeggiato i suoi 300 anni e per onorarla è stata posta nell’Oratorio una lapide commemorativa.

[1] Alcune informazioni sono riprese dai testi di Alberto Fiorini

IL SONETTO

IL GIORNALINO

Festa Titolare Contrada della Tartuca

L’azzurro splendente del cielo con l’oro brillante del sole

L’inizio del nostro inno è l’immagine che mi accompagna ormai da anni, ogni seconda domenica di giugno, quando la mattina presto ( “troppo presto” mi ripeto ogni volta) entro in via delle Murella, che si presenta deserta, con i relitti e ancora gli odori della nottata di canti e gotti appena trascorsa; proprio mentre il sole che domina un cielo azzurro terso comincia a scaldare le pietre che mi hanno visto crescere, io mi incammino per andare a monturarmi per il giro con qualche antidolorifico in tasca, fedele compagno di viaggio.

Per la mia Contrada, la Festa Titolare resta ancora una delle poche cose che con il passare degli anni è rimasta intatta, avvolta in quella magia di una festa antica di rione: magari perché è l’unica sera in cui riviviamo la strada dove siamo cresciuti e che una volta era cuore pulsante della Contrada, magari perché ci da la consapevolezza che il giugno tartuchino sta per cominciare e che fino al palio sarà un continuo stare insieme, comunque in quella sera c’è tutta l’essenza dell’appartenenza alla Tartuca e dell’amore per essa, sentimenti che mi accomunano a ogni persona che capita di incontrare e salutare per le strade del mio rione.

Dalla mattina la strada è invasa di gente e i braccialetti e le bandiere fanno da cornice ed un incredibile via vai: gli economi e il Seggio si preparano per andare ai cimiteri e i bambini osservano i grandi che montano il palio dei barberi o i banchini e le loro voci – felici e frenetiche – mi fanno compagnia, mentre mi dedico ad accordare e preparare i tamburi per il giorno dopo, sempre con la stessa pignoleria di diversi anni fa, quando ho cominciato.

Il pomeriggio vola, spiegando le ali tra la cerimonia di ingresso dei dodicenni nella compagnia militare di Porta all’Arco e il momento del battesimo contradaiolo, tra il giro del rione, il ricevimento della Signoria a Sant’Agostino e il solenne mattutino, ma poi – mentre le luci dei braccialetti brillano come stelle in un cielo che si tinge di un blu intenso- comincia la vera e propria festa. La strada prende vita e si anima, la gente mangia all’osteria (che per anni ho avuto il piacere di mandare avanti con i miei amici), speluzzica un manicaretto al banchino dei dolci delle donne, compra un biglietto al palio dei barberi e poi passa tra i banchini dei più giovani; i trombettisti della banda passano su e giù per le Murella prima di fermarsi all’osteria, per cominciare a suonare il repertorio, dalla “ricciolina” alla marcia del palio, accompagnati dai nostri canti. Ricordare questi canti, però, diventa per me l’occasione di ricordare un grande senese e un grande contradaiolo quale era Adù Muzzi, che la contrada l’ha insegnata a tante generazione attraverso l’esempio concreto, che fino ogni anno, alla fine della cena della Signoria, arrivava immancabilmente all’osteria, prendeva una sedia e si metteva a cantare, chiudendo con i suoi cavalli di battaglia, ovvero “ profumate son le margherite” e “caterinella mia” e finiva per trascinare tutti, come sempre. I canti, le risate proseguono fino a tarda notte e mischiano generazioni diverse, coinvolgono i dirigenti, i maggiorenti e in ogni parola, in ogni momento ci sentiamo tutti parte di una grande famiglia: questa forse è l’immagine che più di ogni altra descrive l’essenza dell’essere contradaiolo. Poche ore di sonno e torniamo alle righe iniziali di questo articolo, mi avvio all’economato e mentre mi ripeto che era meglio andare a letto un quarto d’ora prima, ho già il tamburo in mano: comincia una giornata stancante, ma bellissima, puntualmente caratterizzata dalle solite frasi “Questo è l’ultimo, il prossimo anno non giro!” oppure “ragazzi ve lo dico, io ho dato, il prossimo anno appendo le mazze al chiodo!” e da varie lamentele sulla comodità delle scarpe e sulla fatica, tutte smentite quando al rientro in contrada, la chiesa ci accoglie e si canta il Te Deum. Usciti di lì il pensiero va immediatamente alla prossima Festa Titolare e la stanchezza colossale viene superata subito dalla voglia di ricominciare a suonare il tamburo e girare la bandiera.

Ho sempre vissuto questi giorni con emozioni e gioie diverse, prima da bambino, poi da bordello, da economo, da tamburino di Piazza, da maestro dei tamburini, da babbo che si appresta a battezzare le sue bambine alla Fontanina, e in ognuna di queste vesti ho sempre avuto come denominatore comune delle emozioni l’impazienza di vivere la Festa Titolare. Oggi però, mentre il calendario si avvicina inesorabilmente al 13 di Giugno, sento che la tristezza che già da tempo mi accompagna, si fa più forte. Forse è vero, forse ha ragione chi dice che il prossimo anno tutto questo avrà un sapore diverso, che sarà più intenso, magari più bello, forse..quello che oggi so, è che nessuno potrà ridarmi le emozioni che quest’anno non potrò vivere e che quando la mattina del 13 passerò dalla Fontanina, la mia strada bellissima, ma silenziosa, scaverà un vuoto incolmabile nel mio bagaglio emozionale.

Cesare Guideri

Cesare Guideri

Lorenzo Lorenzini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTO PATRONO CONTRADA DELLA TARTUCA

La Festa titolare della Contrada della Tartuca viene celebrata in onore di Sant’Antonio da Padova. Nella liturgia della Chiesa Cattolica ricorre il 13 giugno; Sant’Antonio da Padova è patrono del Portogallo, del Brasile e della Custodia di Terra Santa, oltre che di numerose città.
In origine gli appartenenti alla Contrada della Tartuca si riunivano nella Chiesa di S. Ansano, proprietà dell’Opera della Metropolitana, per eleggere il Priore ed il Consiglio e per nominare il Capitano e l’Alfiere che guidavano la Contrada nelle manifestazioni ludiche, sotto l’emblema di una tartaruga ed i colori giallo e nero. In lite con il Rettore dell’Opera, nella seconda metà del Seicento, i tartuchini comprarono una casa situata a metà di Via delle Murella (oggi Via Tommaso Pendola), dove aveva abitato la mistica senese Caterina Vannini, e vi costruirono il loro Oratorio dedicandolo a Sant’Antonio di Padova.

La prima pietra per la costruzione dell’Oratorio fu posta il 27 giugno 1682 ed i lavori terminarono nel 1685. Nel giugno 1686 vi fu celebrata la prima Festa Titolare. L’Oratorio è stato luogo delle adunanze dei tartuchini fino a quando dalla sua cripta venne ricavata l’attuale “Sale delle Assemblee” (1961).
All’Oratorio è annesso il Museo degli Arredi Sacri: in questa sezione, inaugurata nel 2008, sono conservati oggetti dei secoli XVII, XVIII e XIX come paramenti, paliotti, paci, calici, reliquiari e altri oggetti per gli uffici religiosi, insieme ad alcuni sonetti stampati in occasione delle Feste Titolari. Di particolare importanza alcune pianete finemente ricamate, una Croce reliquiario del 1624, un Ostensorio del 1747 e l’Urna di S. Concordia realizzata da Agostino Fondi nel 1711.
Al piano inferiore si possono ammirare importanti manufatti di scuola senese: alcune antiche mute d’altare, due angeli in legno dorato e dipinto, già dono dei tartuchini alla chiesa di S. Ansano (1620) e i festoni lignei opera di Antonio Vignali (1699) per addobbare l’ingresso dell’ Oratorio. In un apposito spazio sono inoltre conservati gli oggetti appartenuti a Caterina Vannini.
L’originaria Sacrestia dell’Oratorio ospitò, nel 1825, le lezioni di Padre Tommaso Pendola ai ragazzi sordomuti, prima della fondazione del suo omonimo e celebre Istituto.

IL GIORNALINO

Festa Titolare Imperiale Contrada della Giraffa

Via delle Vergini vestita a festa, piene di bandiere spiegate al vento serale, rumorosa… dei rumori caratteristici del rione che si risveglia. Così si sarebbe presentata la mia contrada a chi fosse passato per i suoi vicoli, in questi primi giorni di giugno. L’economato sempre aperto al via vai di uomini e ragazzi per provare la montura, cambiare le scarpe, preparare le bandiere, accordare i tamburi. E la società in fermento, con gli odori e le chiacchiere che salgono dalla cucina, i ragazzi in su e in giù con tavoli e sedie, i giovani, che già intravedono la fine dell’anno scolastico, rubando le ultime ore allo studio per dedicarle ai giochi, gli scherzi, i servizi. La festa titolare, con i suoi riti e le ore scandite dal susseguirsi di appuntamenti per grandi e piccini, è il momento più bello e familiarizzante, per la Contrada: l’ingresso nella comunità dei nuovi battezzati, il passaggio alla vita contradaiola adulta dei maggiorenni, il ricevimento della signoria e delle consorelle alleate, il mattutino, la banda che suona l’inno, i preparativi della cena, i fazzoletti… La bellezza dei fazzoletti al collo, dopo i tanti mesi invernali riposti in un cassetto.

Poi arriva la domenica mattina, con gli occhi assonnati e forse un po’ di cerchio alla testa, il rione si anima dalle prime ore del mattino, gli economi che si agitano, i ritardatari che corrono, e le citte che piano piano popolano la piazzetta. Ed il giro prende il via! “Dai che è tardi”, “Si riparte”…il leit motiv degli uomini e le donne dell’economato che per tutto il giorno pungolano i ragazzi che si attardano a salutare gli amici venuti a salutarli nelle consorelle e a bere un gotto ristoratore delle fatiche della giornata. La domenica del giro, sempre uguale a se stessa, scandita da orari e rituali invariati nel tempo, ogni anno si arricchisce di storie, aneddoti, tormentoni che la rendono unica e indimenticabile. Così quest’anno verrà a mancare una parte così importante dell’essere contradaiolo, che quasi non sembra possibile. Mancherà una parte di me, un battito di cuore, quello che va a tempo con il tamburo, un respiro, quello che fa sventolare la bandiera.

Giacomo Giuliani e Simone Cantelli

Simone Cantelli

Giacomo Giuliani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTA PATRONA IMPERIALE CONTRADA DELLA GIRAFFA

La Festa titolare dell’Imperiale Contrada della Giraffa viene celebrata in onore di Maria Santissima della Visitazione. Nella liturgia della Chiesa Cattolica ricorre il 31 maggio mentre nella forma straordinaria il 2 di luglio. La contrada, mancante di una sede dove officiare il proprio culto, presentò domanda e istanza di celebrare le proprie funzioni religiose alla Compagnia del Suffragio e tale richiesta fu accolta nel 1823. Provvide pertanto ad effettuare i lavori necessari per ristrutturare la propria chiesa, fu deciso di ruotare l’asse di novanta gradi aprendo l’ingresso principale ove era l’altare di destra e costruire un muro dove prima era l’altare maggiore. Vennero inoltre realizzati ex nuovo i due altari laterali. Nel centenario dell’insediamento vennero acquistati oggetti di culto e restaurato l’organo.

L’Oratorio è dedicato alla Madonna del Fosso ed è ubicato sotto la cripta dell’Insigne Collegiata di Provenzano. L’immagine è collocata al centro del timpano dell’altare maggiore. L’edicola racchiude una superfice azzurra con cornice dorata, nella quale è raffigurata l’immagine sacra. E’ un affresco di scuola senese del XVI secolo raffigurante la Madonna con in braccio il bambino, ed i Santi Bernardino e Caterina.

IL GIORNALINO

Festa Titolare Contrada del Drago

Le rondini! Il loro cinguettio mattutino è il preludio ai primi rulli di tamburo, ogni sacrosanta ultima domenica di maggio.

Ancora frastornato per il lungo sabato appena trascorso, mi trascino maledicendomi e giurando a qualcuno che incontro già monturato per le scalette di Contrada che questa è l’ultima volta. Invece puntualmente, come le rondini nel pieno della primavera, non posso farne a meno ed eccomi ancora: gli odori delle sale, non umani a fine giro, le battute solite, i visi stanchi, qualche giovane visto agli allenamenti che mi sorride complice ed emozionato, bandolera, cappello rigorosamente della misura sbagliata e calzamaglia che toglie il fiato, mazze, tamburo e mal di testa.

Comincia il giro: il modo, forse più scomodo ma più emozionante per godersi la città, per scoprire dettagli che rendono unico ogni rione. Il rinfresco dell’alleata, poi una prospettiva eccezionale per vedere l’estrazione. Infine il rientro. Togliersi la montura é quanto di più liberatorio, come mettersela é quanto di più masochista. Sono esausto ma inspiegabilmente orgoglioso e fiero. Che il giallo, rosso e verde siano davvero “magici color” ?

Mi mancherà quella maledetta emicrania, come se con questa, ogni volta, dovessi espiare la colpa di tanta piacevolezza vissuta per “il mattutino”, l’appuntamento più intimo di ogni contradaiolo, con i suoi canti e i suoi rituali, gli amici cari venuti dai loro esili extra moenia, via del Paradiso che odora di Sangiovese. La Festa Titolare è l’essenza di un anno intero, lontana dalle logiche più caotiche e mondane del palio. In soli due giorni, quest’anno, un vuoto incolmabile.

Francesco Gerardi

Giovanni Sportoletti

Francesco Gerardi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTA PATRONA CONTRADA DEL DRAGO

La Santa Patrona della Contrada del Drago è Santa Caterina, vergine e dottore della Chiesa.

Il legame tra la Santa senese e la Contrada nasce dal fatto che Caterina, appartenente all’Ordine Domenicano, era solita recarsi a pregare nella Basilica di San Domenico, sita nel cuore del territorio del Drago, Basilica che, denominata cateriniana, conserva al suo interno parti delle reliquie della Santa (il cranio e il dito, mentre il resto del corpo si trova a Roma nella chiesa della Minerva).

Anche l’Oratorio della Contrada è dedicato a Santa Caterina. La chiesa fu edificata nel 1479 dalle monache di Santa Caterina del Paradiso. L’aspetto attuale in stile barocco, figlio di numerosi rifacimenti, è databile tra il 1620-1626 per Decreto Granducale è diventato Oratorio della Contrada del Drago nel 1787.

L’interno, riccamente decorato, conserva numerose opere d’arte, tra cui di rilievo spiccano il busto di Santa Caterina in terracotta policrama di Lorenzo di Mariano, detto il Marrina, risalente al 1521-1524.

L’altare maggiore e gli altari laterali ospitano opere di Vincenzo e Francesco Rustici (Pietà e Santi del 1613), Domenico Manetti (La Vergine e le Sante Maria e Maddalena e Caterina d’Alessandria con l’immagine di San Domenico in Soriano del 1648), Raffaello Vanni (Matrimonio mistico di Santa Caterina del 1650).

L’altare maggiore conserva anche la venerata Madonna della Tegola di artista ignoto del 1600 che costituisce l’immagine mariana “ufficiale” della Contrada.

La particolare singolarità dell’opera, è di essere dipinta direttamente su una tegola in terracotta; per tradizione infatti si annota che: “l’immagine che troviamo in una tegola della SS.ma Vergine collocata al presente nella Cappella della Chiesa di Sotto per tradizione delle nostre antiche sorelle si dice sia stata scolpita in detta tegola miracolosamente […] in una grave occorrenza e necessità di questo nostro monastero” (Archivio di Stato Conventi 1160, c. XXVIII del 1719).

IL SONETTO

IL GIORNALINO

Festa Titolare Nobile Contrada dell’Oca

Mi manca il giro, la Festa titolare, gli amici di Fontebranda, anche quelli che salutano solo per cortesia.
Mi manca il rimbombo dei tamburi alle fonti, i bambini, il passo insieme a loro, le gallocce sulle mani, le chiacchiere, le bevute, le cantate, il rione imbandierato, mi manca vestirmi.

Qui da casa vedo Siena da lontano, ma non troppo. La vedo tutta da sud, da Fogliano, luogo di cavalli e cavallai.
Dal campo suono a tutta forza illuso e speranzoso che il vento porti dentro le mura anche un solo giro di passo, un passo di marcia semplice cadenzato, rivolto a tutte e diciassette le contrade.

Girai la prima volta nel ’74: ero tra i più piccini. Dopo una pausa di qualche anno ripresi tredici anni fa e l’anno scorso ero il più vecchio.
Un aneddoto che ricordo bene è quando qualche anno fa, passando da Salicotto per il giro, mi sono trovato a fare la stamburata proprio davanti all’Elefante. Fu un minuto speciale, dovevo suonare bene perché in cielo c’era un sacco di gente che era lì: quelli di Fontebranda che venivano dietro al giro e quelli di Salicotto che c’aspettavano.
E per quella gente suonai.

Michele Landi

Michele Landi

Andrea Visibelli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTA PATRONA NOBILE CONTRADA DELL’OCA

La Santa Patrona della Nobile Contrada dell’Oca è Santa Caterina, vergine e dottore della Chiesa. Da calendario ecclesiastico è celebrata il 29 aprile, patrona d’ Italia dal 1939 e patrona d’Europa dal 1999. Il culto per la Santa risale al 1461 dopo la sua canonizzazione, e gli abitanti di Fontebranda desiderarono costruire una chiesa da dedicare alla Santa nata e vissuta in quei luoghi. L’allora denominata “Contrada di Fontebranda” grazie alle sovvenzioni concesse dal Comune ed anche a proprie spese deliberarono di acquistare dallo stesso, il locale dove il padre di Caterina aveva il suo laboratorio. Gli abitanti decisero allora di radere al suolo il vecchio fondaco del padre della Santa utilizzato per la tintoria delle pelli e le due case adiacenti, per creare lo spazio per il proprio Oratorio i cui lavori terminarono nel 1474.

All’interno del complesso fa spicco l’altare seicentesco dove troneggia la celebre statua lignea policroma della Santa, opera dipinta nel 1475 da Neroccio di Bartolomeo dè Landi, scultore e pittore ed è un considerevole ed importante capolavoro del rinascimento senese.

IL SONETTO

Festa titolare della Contrada di Valdimontone

Un anno senza Festa Titolare sembra impossibile, i nostri bambini fin dall’inizio di marzo si ritrovano nei pratini sotto la Basilica dei Servi, con la bramosia di sventolare la bandiera o suonare il tamburo, mentre i più grandi si inorgogliscono al pensiero di poter ancora una volta vestire le monture rosse, bianche e gialle, annunciando a tutta Siena la fine dell’inverno, perché come dice il nostro inno “ Noi siamo i primi a rullar i tamburi durante il maggio in cui sbocciano i fiori”.

La Festa Titolare, la festa principale per antonomasia, l’evento più atteso, è un connubio tra cerimonie ed eventi ufficiali, e viene celebrata in onore del proprio santo o santa protettrice. Con il passare degli anni, può cambiare il volto del rione, possono cambiare le persone, ma non cambia la nostra festa in onore della Madonna del Buon Consiglio. Quest’anno anomalo, mi mancheranno i giorni festanti, il susseguirsi degli eventi “sacri e ludici ”, le cerimonie ufficiali, ma soprattutto la sfilata per le vie cittadine, rendere omaggio alle consorelle e alle autorità, l’occasione per lasciare da parte un po’ di pensieri, per tuffarci con entusiasmo al nostro spicchio di vita, quello della Festa Titolare, con la quale la nostra storia dimostra di essere sempre viva.

Aldo Giannetti 

Luca Braccini

Aldo Giannetti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTA PATRONA CONTRADA DI VALDIMONTONE

La Santa Patrona del Valdimontone è la “Madonna del Buon Consiglio” da calendario ecclesiastico è celebrata il 26 aprile, e nelle litanie lauretane è invocata come “Mater Boni Consilii”.

Il Valdimontone fin dagli albori della sua storia, venerava genericamente l’Assunta in cielo, in quanto “patrona per eccellenza” della città di Siena.

Nel 1743 l’ ex oratorio di San Leonardo fu donato alla contrada, bisognoso di restauro, vuoto e mancante di un immagine sacra. Un nobiluomo dell’epoca fece dipingere una sacra immagine somigliante all’originale venerata nel Santuario di Genazzano.

Nel 1757 fu donata “agli abitatori” della contrada, ed il 16 agosto il dipinto venne esposto per la prima volta alla pubblica venerazione dei montonaioli festanti. Nel dipinto vi si può ammirare la Madonna che sorregge il Bambino, posti su una nuvola innalzata da tre angeli serafini, che sovrasta il profilo del panorama del paese di Genazzano.

Attualmente l’immagine è racchiusa da una cornice dorata ottocentesca, ed  collocata all’interno dell’oratorio della S. S. Trinità.

Il Giornalino della Contrada di Valdimontone – aprile 2020

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Il Sonetto